Nella maggior parte dei casi il mal di schiena è legato a cause meccaniche, come l’artrosi o semplici contratture muscolari. Talvolta però il mal di schiena può avere origine infiammatoria ed essere collegato a gruppo di malattie reumatiche, le spondiloentesoartriti. Quest’ultime comportano alterazioni a carico della colonna vertebrale, delle articolazioni e dei tendini.
La più comune tra queste malattie è la Spondilite Anchilosante (SA). La SA è una malattia infiammatoria cronica che colpisce lo scheletro assiale (colonna lombare, dorsale e cervicale; bacino), soprattutto in corrispondenza dell’inserzione di tendini e legamenti, in grado di determinare una diffusa rigidità. La malattia è più comune negli uomini, soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 45 anni, e spesso si presenta in persone con una predisposizione genetica a tale disturbo.
Quando il mal di schiena diventa sospetto
I sintomi che possono rappresentare un campanello di allarme per la SA comprendono: mal di schiena soprattutto notturno, rigidità mattutina prolungata, limitazione nei movimenti e problemi della colonna vertebrale o del bacino che non si risolvono nell’arco di tre mesi e che non hanno un’altra spiegazione.
Tipico della SA è anche il dolore che si irradia alla coscia fino al ginocchio con un andamento alternante alle natiche. Non solo, la malattia è spesso accompagnata ad altre problematiche oltre al mal di schiena, dalle tendiniti alla psoriasi, dall’uveite alle malattie infiammatorie croniche intestinali.
Come si effettua la diagnosi del mal di schiena?
Una delle maggiori criticità della spondilite anchilosante e delle spondiloentesoartriti è la diagnosi tardiva. Ciò si verifica poiché il mal di schiena è un sintomo molto comune nella popolazione. Infatti, più di 9 persone su 10 ne soffrono almeno una volta nella vita e si tende quindi a sottovalutarne le complicazioni.
Tuttavia, se i disturbi perdurano oltre i tre mesi, in particolare nelle persone sotto i 45 anni, è consigliabile fare una visita reumatologica. Eventualmente è opportuno eseguire una risonanza magnetica o una radiografia, a seconda del presunto stadio della malattia. Nelle forme iniziali, in particolare, è opportuno ricorrere alla risonanza magnetica, che permette di evidenziare l’edema dell’osso, manifestazione abbastanza tipica di questa condizione.
Nel caso di malattia più avanzata è spesso sufficiente la radiografia, con la quale risultano ben evidenti i danni ormai irreversibili a carico delle strutture ossee e legamentose. Per avere un quadro più completo, è poi utile eseguire alcuni esami del sangue, per esempio gli indici di infiammazione, nonché la ricerca del gene HLA B27 (il 90% dei soggetti con SA è positivo per la sua presenza).
Mal di schiena e SA: come intervenire
In presenza di mal di schiena ricorrenti e degli altri sintomi elencati, è doveroso ricordare che prima si interviene, minore sarà il rischio di sviluppare danni irreversibili alla colonna vertebrale.
In prima battuta si può ricorrere a farmaci antinfiammatori non steroidei o coxib. Se esse si rivelano non sufficienti, c’è l’opzione dei farmaci biologici. Altrettanto importante è la fisioterapia, da effettuare presso specialisti del settore.