ArtemisiaLab Estesan – Via Nemorense, 90 – 00199 Roma – Tel   06 39919869
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Il Centro diagnostico e chirurgico Artemisia Lab Estesan si occupa anche della diagnosi e della cura del paziente affetto da sintomatologia dolorosa acuta e cronica, di natura benigna di tipo osteo-articolare e patologia neoplastiche. In questa specialità il termine curare riacquista il suo significato più vero di “prendersi cura della persona”.

Il nostro Centro offre ai Pazienti la possibilità di accedere a programmi terapeutici sia ambulatoriali sia relativi a trattamenti di tipo mini-invasivi.

La nostra equipe del Centro di Terapia del Dolore è composta da Anestesisti e Radiologi Interventisti e si avvale della collaborazione costante di specialisti come Fisiatri e Fisioterapisti, Oncologi, Ortopedici, Reumatologi con esperienza pluriennale nell’ambito della Terapia del Dolore.

IL DOLORE

Il dolore è, tra tutti i sintomi, quello che più mina l’integrità fisica e psichica del paziente e maggiormente angoscia e preoccupa i familiari, con un notevole impatto sulla qualità della vita della persona sofferente, la sua capacità lavorativa e le sue relazioni sociali.

I più recenti studi epidemiologici (di livello nazionale internazionale), nel rilevare quanto il dolore, sia di tipo acuto che specialmente cronico, incida sulla capacità di svolgere anche le più semplici funzioni quotidiane, mettono in risalto il suo rilevante impatto, in primo luogo sui costi sociali e, subito dopo, sull’economia sanitaria di ogni singola nazione (in Italia, la spesa annua complessiva relativa ai diversi fattori connessi al controllo del dolore cronico è valutata intorno all’1,8-2% del PIL); da tali studi giunge, inoltre, la conferma che il dolore é una delle principali cause di consultazione medica stante il fatto che, nel nostro Paese, almeno 1 persona su 4 è affetta da dolore cronico con una particolare predilezione per il sesso femminile dove tocca valori intorno al 30%.

Le stime più attendibili relative al nostro Paese, non discostandosi da quanto rilevato nel resto dell’Europa, fanno registrare la presenza di circa 14/15 milioni di persone affette da patologie con sintomatologia dolorosa con una durata media di 7,7 anni. Come anche riportato nell’articolo “The prevalence, correlates and treatment of pain in the European Union” circa il 9% della popolazione dell’Unione Europea soffre o è affetta quotidianamente da dolore. La prevalenza del dolore aumenta negativamente con l’età ed ha un impatto considerevole sulla qualità della vita del paziente.

Per quanto riguarda l’impatto e i costi sociali, inoltre, il dolore è attualmente la seconda causa di assenza dal lavoro per ragioni mediche, e le conseguenze del dolore cronico non trattato sui pazienti e familiari sono rilevanti. Tale condizione può, infatti, provocare disabilità prolungata, problematiche psicologiche, inabilità al lavoro e frequente ricorso a visite e prescrizioni mediche

La “Terapia del Dolore” si rivolge ai pazienti il cui dolore non rappresenta più solo un sintomo ma costituisce la malattia stessa. Numerose sono le patologie che possono essere causa scatenante iniziale di un dolore cronico, che se non viene trattato tempestivamente può provocare nel paziente anche ansia e depressione, condizionando la sua qualità di vita.

Il dolore può essere suddiviso nei seguenti macrogruppi:

  • il dolore neoplastico;
  • il dolore neuropatico;
  • il dolore cronico muscolo-scheletrico;
  • il dolore post-chirurgico;
  • il dolore ischemico;
  • le cefalee

Inoltre, il dolore, in base alla durata può essere classificato in dolore acuto e cronico: il dolore acuto compare improvvisamente, è percepito subito dopo una lesione, è di intensità severa ma è solitamente di breve durata; il dolore cronico, invece, è continuo o ricorrente e persiste oltre il normale periodo atteso di guarigione. Il dolore cronico può iniziare come dolore acuto e persistere per lunghi periodi o ripresentarsi a causa della persistenza dello stimolo doloroso o dell’aggravamento ripetuto di una lesione.

VALUTAZIONE CLINICA

Una gestione ottimale del dolore non può prescindere da una valutazione accurata e completa.

Ogni paziente viene sottoposto ad una valutazione completa da parte dei nostri specialisti in radiologia e/o anestesia con pluriennale esperienza nell’ambito della Terapia del Dolore.

Questa prima visita, che potrà essere svolta anche in maniera collegiale da due medici, comprende un’anamnesi dettagliata circa la localizzazione, la durata e le caratteristiche del dolore, la diagnosi delle cause, eventuali trattamenti precedentemente utilizzati, nonché la valutazione dell’impatto del dolore sui diversi aspetti di vita del paziente.

Al fine di aumentare la precisione diagnostica e quindi il successo terapeutico, in occasione della prima visita verrà richiesto al paziente di portare con sé tutta la documentazione clinica eventualmente in possesso. In caso contrario, potrà essere richiesto al paziente di sottoporsi ad esame diagnostico (RMN, TC, RX, Ecografia ecc) che potrà anche essere eseguito contestualmente alla visita.

Le procedure diagnostiche e terapeutiche sono organizzate in percorsi personalizzati in base alle necessità dei pazienti. In questo modo è possibile raggiungere l’obiettivo primario cioè ”il controllo del dolore” in accordo con protocolli e linee guida standardizzate e basate sulle attuali evidenze cliniche.

PATOLOGIE TRATTATE

Di seguito un elenco non esaustivo delle principali patologie trattate:

  • DOLORE MUSCOLO SCHELETRICO E ARTICOLARE
  • LOMBALGIA, DORSALGIA, CERVICALGICA
  • ERNIA DISCALE
  • SINDROME DELLE FACCETTE ARTICOLARI
  • STENOSI DEL CANALE VERTEBRALE/SPINALE
  • SACROILEITE
  • DOLORE DISCOGENO
  • DOLORE CRONICO DELL’ANCA (COXATROSI)
  • DOLORE SACROILIACO
  • DOLORE DA ARTO FANTASMA
  • SINDROME MIOFASCIALE
  • DOLORE RADICOLARE
  • FRATTURE VERTEBRALI
  • DOLORE ONCOLOGICO
  • SINDROME DA FALLIMENTO CHIRURGICO SPINALE (FAILED BACK SURGERY SYNDROME – FBBS)
  • COMPLEX REGIONAL PAIN SYNDROME (CRPS)
  • DOLORE TRIGEMINALE
  • FIBROMIALGIA
  • DOLORE CRONICO NEUROPATICO POST-CHIRURGICO
  • NEVRALGIA POST-HERPETICA
  • VASCULOPATIE PERIFERICHE
  • EMICRANIA CRONICA REFRATTARIA E CEFALEA A GRAPPOLO
  • DOLORE CRONICO PELVICO E LE SINDROMI DISFUNZIONALI DELLA VESCICA

TERAPIA

La scelta del trattamento dipende dalle specifiche esigenze del paziente: dal tipo e dall’intensità del dolore, oltre che dalla risposta al trattamento. Non tutti i trattamenti, infatti, sono applicabili a ogni tipo di dolore.

Ogni paziente viene sottoposto ad una valutazione completa che trova l’esito nella formulazione di un piano terapeutico, elaborato con un approccio multidisciplinare, che può includere un percorso di riabilitazione, trattamento conservativo o tecniche interventistiche minimamente invasive.  

TERAPIA CONSERVATIVA

La terapia conservativa è una terapia non chirurgica che comprende tutti quei percorsi che vengono intrapresi prima di ricorrere a trattamento interventistico o a intervento chirurgico.

Gli obiettivi della terapia conservativa sono la riduzione del dolore, il recupero della mobilità articolare e il rinforzo muscolare.

TERAPIA FARMACOLOGICA

La scelta del tipo di farmaco da impiegarsi nella terapia del dolore dipende soprattutto dall’intensità e dal tipo di dolore che affligge il paziente.

Di seguito saranno brevemente descritte le principali classi di farmaci impiegate nella terapia antalgica.

Il trattamento del dolore con terapia farmacologica si avvale essenzialmente di FANS (antinfiammatori non steroidei, sempre dotati di buona od ottima attività analgesica), oppioidi deboli e oppioidi forti, anticonvulsivanti e antidepressivi (molto usati nel dolore neuropatico) e anestetici locali. I FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) vengono utilizzati nella terapia del dolore quando quest’ultimo è di grado lieve o moderato.Generalmente, questi medicinali affiancano all’attività analgesica anche un’azione antiflogistica e antipiretica.

Gli analgesici oppioidi, ampiamente utilizzati nella terapia del dolore, sono particolarmente indicati quando lo stimolo doloroso è di grado da moderato a grave.

Nonostante la loro principale indicazione terapeutica sia il trattamento della depressione, alcuni farmaci antidepressivi si sono rivelati molto utili nella terapia del dolore di tipo neuropatico e possono essere impiegati sia da soli, sia in associazione ad analgesici oppioidi.

Inoltre, tra gli anestetici locali maggiormente impiegati vi è la lidocaina, che è in grado di ridurre e bloccare la trasmissione dello stimolo doloroso attraverso l’inibizione dei canali del sodio voltaggio-dipendenti presenti sulle membrane cellulari.

Qualora l’assunzione del farmaco per via orale non fornisca un efficace sollievo dal dolore o provochi spiacevoli effetti collaterali, può essere preso in considerazione l’impianto di un sistema di infusione che eroga l’analgesico attraverso un catetere sottile e flessibile (tubo di plastica) nell’area circostante il midollo spinale (detta “spazio intratecale”). Questo sistema offre un significativo sollievo dal dolore con una minima quantità di farmaco rispetto a quella utilizzata in altri trattamenti.

TERAPIE INFILTRATIVE

Qualora l’assunzione del farmaco per via orale non fornisca un efficace sollievo dal dolore o provochi spiacevoli effetti collaterali, può essere presa in considerazione la terapia infiltrativa che prevede l’iniezione di un farmaco o più farmaci con un’attività antinfiammatoria e/o lubrificante a scopo antalgico (cortisonici, antinfiammatori, anestetici locali, acido ialuronico e ozono).

Può essere eseguita con il supporto ecografico o TC guidata. Tali metodiche consentono di avere una conferma sull’effettivo raggiungimento dell’area da trattare e può essere utilizzata senza limitazioni in quanto non nociva per il paziente che vi si sottopone.

In base al bersaglio che deve essere raggiunto e che si ritiene responsabile del dolore, l’iniezione può essere fatta:

  • all’interno delle articolazioni (Terapia Infiltrativa Intra-Articolare) che consiste nell’iniezione di farmaci (con attività antinfiammatoria e/o lubrificante) all’interno delle articolazioni (anca, ginocchio, spalla, faccette articolari lombari e cervicali, piccole articolazioni della mano e del piede), allo scopo di ridurre la sintomatologia dolorosa. Questa metodica è particolarmente indicata nei pazienti affetti da dolore articolare di natura artrosica o reumatica che non rispondono alle terapie conservative (farmaci e/o fisioterapia) ed in cui è necessario ridurre l’infiammazione o nutrire la cartilagine e la sinovia;
  • nei pressi dei nervi periferici o delle radici infiammate (Terapia Infiltrativa Perinervosa), indicata nei pazienti affetti da dolore neurogeno, provocato dall’infiammazione delle radici spinali o dei nervi periferici causato da ernia del disco, artrosi vertebrali, neuropatie, che non rispondono alle terapie conservative (farmaci e/o fisioterapia);
  • in prossimità dei tendini infiammati (Terapia Infiltrativa Peritendinea); in molti casi tale procedura viene effettuata con supporto ecografico, che permette una più precisa individuazione del sito da trattare. Particolarmente indicato nei pazienti con infiammazione dei tendini o borse tendinee che non rispondono alle terapie conservative (farmacologiche e/o trattamenti fisioterapici).

Tutte queste procedure vengono effettuate in regime ambulatoriale. Il paziente può ritornare a casa da solo dopo un brevissimo periodo di osservazione.

TERAPIA PERIDURALE

La terapia peridurale consiste nella somministrazione la somministrazione di farmaci (cortisonici a lento rilascio e anestetici locali) per via epidurale direttamente a livello della radice nervosa sensitiva interessata dal processo patologico.

Questa metodica è particolarmente indicata nei per trattare la radicolopatia cervico-dorso-lombare di tipo infiammatorio causata da un’ernia o dall’artrosi vertebrale. Il farmaco agisce localmente sulla zona interessata dal dolore, ottenendo così una maggiore efficacia della procedura.

La procedura verrà eseguita in sterilità, previa iniezione di anestetico locale, posizionando l’ago nello spazio peridurale e iniettando la soluzione di cortisone e anestetico locale.

La peculiarità di questa metodica, rispetto all’infiltrazione perinervosa, è che passando all’interno della colonna vertebrale il farmaco può essere posizionato in modo più preciso tra l’ernia e la radice.

La terapia peridurale può anche essere “continua” ovvero eseguita mediante l’inserimento di un cateterino nello spazio peridurale a livello cervicale, dorsale o lombare, a secondo della sede del dolore. Il fine della metodica è mettere in analgesia duratura la zona dolorosa.

In seguito al posizionamento del catetere, il paziente viene medicato e il medico valuterà se procedere a ricovero o farlo tornare a casa dopo un breve periodo di osservazione.

OZONOTERAPIA

L’ozono é un gas derivato dall’ ossigeno indicato nel trattamento delle lombalgie e lombo-sciatalgie causate da un conflitto disco radicolare.

L’ozono terapia è in grado di fornire sollievo dal dolore, decongestione e riassorbimento dell’edema locale, migliorando quindi la motilità del paziente. Tale metodica si può effettuare sia a livello lombare che cervicale.

L’intervento consiste nell’introdurre l’ago direttamente all’ interno del disco vertebrale o nel forame di coniugazione (dove passano le radici nervose) e quindi nell’iniezione della mistura ossigeno-ozono.

L’intervento si svolge in sala operatoria o con l’esecuzione di radiografie intraoperatorie tramite amplificatore di brillanza oppure TC guidato. Inoltre questa miscela di ossigeno ed ozono, se infiltrata nei muscoli paravertebrali (in ambulatori specialistici) ha un potente e duraturo effetto nel trattamento del dolore e della disfunzione radicolare causati dalle ernie del disco: ripetute piccole iniezioni di ozono aumentano infatti l’attività di numerosi enzimi, inducendo così uno stato di adattamento allo stress ossidativo causato dal dolore.

BLOCCHI ANTALGICI

Il blocco antalgico è una metodica in grado di determinare una regressione piuttosto rapida del dolore accusato e un immediato sollievo.

Consiste in è una infiltrazione di anestetico locale e cortisonici in una specifica area di dolore. Ha lo scopo di bloccare temporaneamente la trasmissione dello stimolo doloroso verso i centri superiori del sistema nervoso centrale, dove tali stimoli sono processati e “tradotti” in ciò che viene percepito, per l’appunto, come dolore.

Con il blocco antalgico si interviene efficacemente su patologie infiammatorie muscolo-tendinee e articolari, radicolopatie, nevralgie, dolore oncologico, sindromi dolorose complesse, dolore lombare, ecc.

Può essere eseguito sotto guida ecografica o fluoroscopica (raggi X) in base all’area di dolore da trattare. Prima di procedere, si esegue una minima anestesia cutanea locale e con un ago specifico si raggiunge l’area da trattare per iniettare la miscela farmacologica.

TRATTAMENTI INVASIVI E MININVASIVI

Il trattamento di protrusioni o ernie discali può essere medico o chirurgico. La terapia di prima istanza è fondamentalmente rappresenta della fisioterapia associata a terapia farmacologia con anestetici e cortisonici. In assenza di risposta ai trattamenti conservativi si pone l’indicazione alla terapia chirurgica, anche se il riscontro di recidive non risulta essere trascurabile. Per ovviare a tale problematica si è cercato negli ultimi anni di sviluppare tecniche mininvasive in grado di ottenere una pronta risoluzione della sintomatologia associata ad una ridotta traumaticità dell’intervento.

Le tre procedure di Radiologia Interventistica in grado di perseguire tale scopo sono denominate Nucleoplastica, Ossigeno-Ozono Terapia e Discectomia Percutanea.

DISCECTOMIA PERCUTANEA

La Discectomia Percutanea permette, grazie all’utilizzo di un particolare ago, la parziale frammentazione ed aspirazione del nucleo polposo con la conseguente riduzione volumetrica e decompressione delle radici.

La procedura viene eseguita con tecnica fluoroscopica biplanare o TC, con il paziente blandamente sedato e posizionato in decubito prono. Un ago da 17 G viene inserito con l’estremo posto nel punto di passaggio tra l’anulus fibroso e il nucleo polposo.

Utilizzando l’accesso dell’ago si procede preliminarmente ad eseguire una discografia che ci permetterà di valutare se l’anulus fibroso è fissurato. La durata della procedura è di circa 25 minuti.

TERAPIE A RADIOFREQUENZA

La radiofrequenza è una tecnica che permette di risolvere il problema “dolore” attraverso l’uso di una corrente pulsata, per mezzo di un piccolissimo ago-elettrodo inserito all’interno dell’articolazione.

La corrente ha lo scopo di “stordire” le terminazioni nervose che trasferiscono al cervello la sensazione dolorosa.

  • RADIOFREQUENZA INTRARTICOLARE

Trattamento con l’uso della Radiofrequenza pulsata dell’artrosi del ginocchio, dell’alluce valgo e della rizoartrosi e di molte altre patologie algiche.

La procedura, eseguita in regime di day-hospital, è assolutamente indolore ed i benefici sono immediati

  • RADIOFREQUENZA E CEMENTOPLASTICA

Approssimativamente il 70% dei Pazienti oncologici va incontro ad una diffusione metastatica della malattia, come evidenziato dai riscontri autoptici. Il rachide di per se costituisce la sede più frequente di localizzazione metastatica di tutto il compartimento osseo.

Il coinvolgimento spinale ha un riscontro di oltre il 40% nei portatori di una neoplasia primitiva. In oltre il 50% dei casi le metastasi al rachide sono dovute ai tumori della mammella, polmone, prostata e melanoma. Questi sono seguiti dal cancro renale, gastrointestinale, tiroideo, sarcoma e linforeticolare: linfoma e mieloma multiplo. Le metastasi da neoplasia prostatica, mammaria, melanoma e polmonare coinvolgono la spina dorsale rispettivamente nel 90.5%, 74.3%, 54.5% and 44.9% dei Pazienti.

La diffusione metastatica può interessare tre distretti: il rachide (85%), la regione paravertebrale (10-15%) e raramente gli spazi epidurali e subaracnoidei/intramidollari (<5%).

I livelli toracici sono i più frequentemente coinvolti dalla malattia (70%), seguiti da quelli lombari (20%) e cervicali (10%). La metà posteriore del soma vertebrale è generalmente la prima ad essere coinvolta, mentre la porzione anteriore, la lamina ed i peduncoli sono interessati solo successivamente dalla diffusione sistemica della malattia.

La compressione midollare da lesioni ripetitive epidurali si osserva nel 5-10% degli individui con tumore, mentre raggiunge il 10-20% nelle lesioni che coinvolgono il corpo vertebrale.

La resezione chirurgica è considerata la sola opzione potenzialmente curativa nel trattamento delle localizzazioni secondarie spinali, tuttavia solo pochi tra questi Pazienti al momento della diagnosi sono possibili candidati all’esecuzione della procedura.

Le tecniche mininvasive percutanee grazie alla loro rapida capacità di determinare risoluzione del dolore sono un valido trattamento alternativo alle metodiche convenzionali.

L’utilizzo sequenziale della termoablazione a radiofrequenza, che grazie all’utilizzo di un elettrodo percorso da corrente elettrica alternata è in grado di generare la necrosi coagulativa della lesione e di determinare la trombosi del plesso venoso circostante, unita alle capacità antalgiche e stabilizzanti dell’iniezione intrasomatica di cemento osseo nella vertebroplastica, si è dimostrata essere estremamente sicura ed efficace nel trattamento delle metastasi spinali non passibili di asportazione chirurgica.

Questa procedura combinata è eseguita in anestesia locale, con Paziente in decubito prono e sotto guida TC-fluoroscopica.

Al paziente viene richiesto di restare disteso a letto nelle successive quattro ore.

  • RADIOFREQUENZA INTERFACCETTALE

La degenerazione faccettale, comunemente riscontrata nell’anziano, potrebbe essere sia causa primaria di deterioramento del segmento motorio, che secondaria, in corso di progressiva degenerazione discale od in seguito ad altri processi patologici.

Le faccette vertebrali contraggono rapporti con i medesimi elementi dei livelli sovra e sottostanti costituendo articolazioni sinoviali che permettono al rachide di eseguire movimenti di flessione, estensione e rotazione.

Molteplici sono le condizioni in grado di generare una sintomatologia faccettale, e tra queste l’osteoartrite è quella di più frequente riscontro. Questa condizione determina la riduzione o la scomparsa della cartilagine articolare, l’erosione del margine osseo adiacente, la crescita ossea abnorme delle faccette e dei processi articolari ed infine l’instabilità articolare che può portare a sublussazione vertebrale.

Le terminazioni nervose sensitive delle faccette articolari e dei tessuti circostanti vanno incontro ad irritazione determinando la sensazione di dolore spinale.

La selezione dei pazienti passibili di trattamento interventistico si avvale sia di dati di tipo clinico-anamnestico che derivati dall’utilizzo della Diagnostica per Immagini.

Il blocco nervoso percutaneo con Radiofrequenza delle faccette articolari zigoapofisarie è una tecnica che consente di ottenere un’analgesia per un periodo di tempo maggiore rispetto a quanto si ottiene generalmente con l’utilizzo di farmaci.

La metodica è volta alla riduzione del supporto nervoso sensitivo delle faccette articolari, diminuendo così la percezione dello stimolo doloroso; ciò consente anche la ripresa di una migliore autonomia nelle attività quotidiane e soprattutto la possibilità di intraprendere un programma rieducativo e riabilitativo altrimenti difficile da eseguire.

La procedura di Radiofrequenza Interfaccettale è eseguita in anestesia locale sotto guida fluoroscopica o TC. Attraverso un approccio percutaneo, viene inserito un ago-elettrodo sino all’interno della capsula articolare. Se eseguita da mani esperte e con apparecchiature adeguate, la metodica è scarsamente invasiva e non gravata da particolari rischi e/o complicanze.

La durata della procedura è di circa 20 minuti e prevede il ricovero in regime di day-hospital.

Nello studio radiologico di tale patologia si utilizzano l’esame radiografico convenzionale e la Tomografia Computerizzata per evidenziare i rapporti articolari, gli accrescimenti anomali della componente ossea articolare e la riduzione degli spazi articolari, indice indiretto di rimaneggiamento cartilagineo; ma ci si serve in particolar modo della Risonanza Magnetica, in particolare nelle sequenze T2-pesate fast spin echo con soppressione del grasso e T1-pesate fast spin echo con soppressione del grasso e somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico, per identificare il processo infiammatorio attivo all’interno o circostante alla articolazione faccettale.

Le controindicazioni all’esecuzione di tali interventi sono costituite da disordini della coagulazione, gravidanza, infezioni locali a livello del presunto sito di ingresso (osteomielite e spondilodiscite), dalla impossibilità di accedere all’interno dell’articolazione, per estese e solide fusioni laterali e postero-laterali, e da complicanze neurologiche.

INFILTRAZIONE PERIRADICOLARE E PARAGANGLIARE

Qualora l’assunzione del farmaco per via orale non fornisca un efficace sollievo dal dolore o provochi spiacevoli effetti collaterali, può essere presa in considerazione la terapia infiltrativa che prevede l’iniezione di un farmaco o più farmaci con un’attività antinfiammatoria e/o lubrificante a scopo antalgico (cortisonici, antinfiammatori, anestetici locali, acido ialuronico e ozono).

Può essere eseguita con il supporto ecografico o TC guidata. Tali metodiche consentono di avere una conferma sull’effettivo raggiungimento dell’area da trattare e può essere utilizzata senza limitazioni in quanto non nociva per il paziente che vi si sottopone.

In base al bersaglio che deve essere raggiunto e che si ritiene responsabile del dolore, l’iniezione può essere fatta:

  • all’interno delle articolazioni (Terapia Infiltrativa Intra-Articolare) che consiste nell’iniezione di farmaci (con attività antinfiammatoria e/o lubrificante) all’interno delle articolazioni (anca, ginocchio, spalla, faccette articolari lombari e cervicali, piccole articolazioni della mano e del piede), allo scopo di ridurre la sintomatologia dolorosa. Questa metodica è particolarmente indicata nei pazienti affetti da dolore articolare di natura artrosica o reumatica che non rispondono alle terapie conservative (farmaci e/o fisioterapia) ed in cui è necessario ridurre l’infiammazione o nutrire la cartilagine e la sinovia;
  • nei pressi dei nervi periferici o delle radici infiammate (Terapia Infiltrativa Perinervosa), indicata nei pazienti affetti da dolore neurogeno, provocato dall’infiammazione delle radici spinali o dei nervi periferici causato da ernia del disco, artrosi vertebrali, neuropatie, che non rispondono alle terapie conservative (farmaci e/o fisioterapia);
  • in prossimità dei tendini infiammati (Terapia Infiltrativa Peritendinea); in molti casi tale procedura viene effettuata con supporto ecografico, che permette una più precisa individuazione del sito da trattare. Particolarmente indicato nei pazienti con infiammazione dei tendini o borse tendinee che non rispondono alle terapie conservative (farmacologiche e/o trattamenti fisioterapici).

Tutte queste procedure vengono effettuate in regime ambulatoriale. Il paziente può ritornare a casa da solo dopo un brevissimo periodo di osservazione.

DISCOGRAFIA

La Discografia è una procedura di Radiologia Interventistica, eseguita per la prima volta da Lindblom nel 1940, che permette di evidenziare mediante la fuoriuscita del mezzo di contrasto precedentemente iniettato all’interno del nucleo polposo, la presenza di fissurazioni anulari.

L’esecuzione della Discografia ha varie finalità:

  • determinare se la patologia discale è la causa del dolore lombare
  • individuare il disco intervertebrale che causa il dolore
  • accertare che l’anulus fibroso non sia fissurato prima dell’esecuzione di altre procedure di Radiologia Interventistica

Questa procedura è controindicata in quei pazienti che presentano disordini della coagulazione, infezioni locali, allergie al mezzo di contrasto accertate o stenosi del canale spinale.

Viene eseguita sotto guida Fluoroscopica o TC ed in anestesia locale. Attraverso un approccio percutaneo di tipo postero-laterale per i livelli lombari e toracici e antero-laterale per i livelli cervicali; viene inserito un ago da 20-22 G. fino all’interno del nucleo polposo e viene somministrato del mezzo di contrasto organo iodato.

La procedura ha una durata di circa 20 minuti.

CIFOPLASTICA

La Cifoplastica è una recente modifica alla Vertebroplastica Percutanea, effettuata per la prima volta da M. A. Reiley nel 1998, che comporta l’insufflazione di cateteri a palloncino all’interno del corpo vertebrale collassato per ripristinarne l’altezza, prima della stabilizzazione con cemento osseo.

Tale procedura trova indicazione nel trattamento di fratture vertebrali recenti su base osteoporotica, angiomatosa, mielomatosa o da localizzazione secondaria che causano dolore non responsivo ai trattamenti farmacologici.

I migliori risultati si ottengono nei crolli vertebrali datati da non più di 3 mesi.

VERTEBROPLASTICA PERCUTANEA

La Vertebroplastica percutanea, descritta per la prima volta da Galibert nel 1987, consiste nell’iniezione percutanea di cemento osseo nel corpo vertebrale. Tale metodica risulta efficace nella riduzione o scomparsa del dolore spinale e nel rafforzamento del corpo vertebrale, ma non nella capacità di ripristinare la morfologia del soma e l’allineamento del rachide.

Trova indicazione nel trattamento di fratture vertebrali su base osteoporotica, angiomatosa, mielomatosa o da localizzazione secondaria che causano dolore non responsivo ai trattamenti farmacologici.

Viene definita frattura una riduzione in altezza del soma vertebrale di oltre il 20% delle sue dimensioni iniziali. La lesione fratturativa si viene a generare quando la combinazione del carico assiale e rotazionale sulla colonna eccedono la resistenza offerta dal corpo vertebrale. L’osteoporosi primaria è la principale causa di fratture vertebrali (85%), mentre l’osteoporosi secondaria e le neoplasie ne determinano il restante 15%.

L’alterata biomeccanica spinale dovuta alla deformità cifotica può determinare un sovraccarico a livello delle vertebre adiacenti, aumentando il rischio in queste di sviluppare nuove fratture.

La maggior parte dei pazienti che hanno usufruito di tale terapia hanno riferito un’importante o completa riduzione del dolore potendo così smettere di indossare il busto, ridurre o sospendere l’assunzione di farmaci e migliorare così la qualità della vita.

La Vertebroplastica ha unicamente lo scopo di curare il dolore consolidando la frattura vertebrale e secondariamente quello di stabilizzare una vertebra non guarita, anche se non algica, e dare la possibilità al paziente di iniziare un percorso fisioterapico; è pertanto indispensabile che i pazienti con osteoporosi vengano adeguatamente curati dallo specialista per l’osteoporosi per ridurre il rischio di insorgenza di nuove fratture su altre vertebre.

Nei pazienti con Metastasi vertebrali la Vertebroplastica non è in alcun modo da considerarsi come una terapia oncologica; i pazienti dovranno pertanto continuare ad eseguire le terapie oncologiche anche dopo di essa (es. Chemioterapia – Radioterapia – Altro).

La procedura di Vertebroplastica è eseguita in anestesia locale con il Paziente in decubito prono sotto guida fluoroscopica o TC, utilizzando aghi piccolissimi: per nessun motivo è necessario incidere la cute o mettere dei punti.

Un ago da biopsia ossea è introdotto con approccio transpeduncolare, costovertebrale o antero-laterale (nei metameri cervicali). Il cemento osseo viene quindi iniettato nella vertebra per stabilizzare la frattura. Al Paziente viene richiesto di restare disteso a letto nelle successive 4 ore. Una procedura standard di Vertebroplastica ha una durata di circa 30 minuti per ogni livello vertebrale trattato. La degenza prevista per la procedura è solitamente di 2-3 giorni con dimissione nella prima giornata post-trattamento con terapia antibiotica domiciliare.

Le controindicazioni assolute della procedura di Vertebroplastica consistono in disordini della coagulazione, infezioni locali a livello del presunto sito di ingresso (osteomielite e spondilodiscite) e fratture instabili per coinvolgimento del muro posteriore vertebrale con compressione degli elementi neurali. Controindicazioni relative sono costituite dal grave schiacciamento del corpo vertebrale, dalla mancata integrità dei peduncoli o delle faccette articolari o dall’estensione del tessuto neoplastico all’interno del canale vertebrale. In ogni Paziente vengono preventivamente valutate le indicazioni al trattamento e successivamente monitorati i risultati nel tempo attraverso visite clinico-radiologiche.

CEMENTOPLASTICA OSSEA

Altra tecnica percutanea simile alla vertebroplastica è la Osteoplastica o Cementoplastica Ossea, effettuata in anestesia locale sotto guida TC e fluoroscopica, nelle localizzazioni secondarie da malattia o nelle neoplasie primitive osse dolorose di tipo osteolitico.

Il trattamento offre un’ottima terapia dei segmenti ossei sottoposti a “carico” con elevato rischio di frattura. Può essere associata a Termoablazione con Radiofrequenze (RFA) o alla Crioterapia e non compromette alcun successivo trattamento Radio o Chemioterapico. 

CRIOABLAZIONE PERCUTANEA

La Crioablazione Percutanea è una procedura mininvasiva di radiologia interventistica con finalità curativa o palliativa nei confronti di tumori benigni o maligni a diversa localizzazione d’organo. Tale tecnica, inizialmente ristretta all’ambito urologico per il trattamento di lesioni prostatiche e renali, è stata recentemente estesa a neoplasie ossee, epatiche e mammarie. La necrosi delle cellule neoplastiche è assicurata dall’alternanza di cicli di congelamento e riscaldamento ottenuti grazie all’utilizzo di particolari aghi inseriti all’interno delle lesioni.

Tali aghi agiscono sviluppando temperature inferiori a -180°C, determinando di conseguenza un rapido congelamento e morte del tessuto tumorale. La procedura viene eseguita in anestesia locale, sotto guida strumentale (ecografica, TC, RM) al fine di ottenere un corretto posizionamento degli aghi all’interno della lesione e un controllo continuo intraprocedurale.

DISTRATTORI CERVICALI

Le patologie dolorose della colonna cervicale rappresentano oramai una patologia sociale ad alto impatto economico; si calcola infatti che tali patologie rappresentino la causa di circa il 25% dei casi di dolore cronico e la prima causa di assenza dal lavoro nei Paesi Occidentali.

Ci riferiamo a tutte le patologie degenerative del rachide cervicale: la patologia artrosica, le protrusioni e le eLe manifestazioni cliniche sono variabili e dipendono sia dal tipo di struttura coinvolta dal processo degenerativo, sia dalle strutture che vengono secondariamente interessate.

Se il processo patologico determina la compressione di una o più radici dei nervi che originano dal tratto cervicale del midollo spinale produrrà dolore che, dalla regione cervicale, può irradiarsi lungo un lato del braccio e dell’avambraccio fino a interessare le prime o le ultime dita della mano.

Il Paziente potrà anche riferire sensazioni di formicolio o intorpidimento e perdita di forza nell’eseguire specifici movimenti del braccio o della mano. Questa condizione è definita radicolopatia. Nella maggior parte dei casi sono sufficienti l’esercizio fisico, i farmaci e la fisioterapia per ottenere una riduzione del dolore accettabile, ma nelle situazioni resistenti a queste terapie possono rendersi necessari veri e propri interventi chirurgici. Questi possono essere eseguiti aggredendo le vertebre cervicali per via “anteriore” o “posteriore ed essenzialmente hanno come finalità quella di rimuovere la causa di compressione del midollo o/e delle radici spinali.

Laminectomia e sostituzione discale artificiale si sono dimostrati validi trattamenti per il dolore di origine cervicale, ma sono comunque gravati da un tasso non trascurabile di complicanze post-operatorie e da tempi di degenza più o meno lunghi.

DISTANZIATORE INTERSPINOSO

La stenosi lombare è una causa comune di dolore invalidante dorso-lombare e agli arti inferiori nelle persone anziane. L’incidenza generale della stenosi vertebrale lombare degenerativa va da 1,7% all’8%.

Dal punto di vista anatomico, sono state descritte tre conformazioni tipiche del canale vertebrale: tonda, ovoidale e trilobata. I canali trilobati hanno minore sezione trasversale e sono pertanto associati alla massima incidenza di stenosi lombare sintomatica.

La stenosi del canale può essere dovuta a più cause differenti, come la protrusione discale posteriore, l’osteoartrosi, l’ispessimento dei legamenti gialli o delle faccette articolari interapofisarie, la spondilolistesi, o a tutte queste patologie variamente combinate tra loro.

La sintomatologia più comune nei pazienti con stenosi vertebrale è rappresentata da dolore alla colonna (95%), claudicatio neurogena (91%), dolore alle gambe (71%), debolezza (33%) e disturbi dell’evacuazione (12%).

Il trattamento standard della stenosi lombare si avvale di trattamento medico, infiltrazioni locali di cortisonici ed anestetici, fisioterapia, trattamenti discali percutanei e, nelle situazioni più invalidanti, di decompressione chirurgica.

I dispositivi interspinosi sono stati introdotti per ottenere una decompressione dinamica alternativa alla fusione rigida chirurgica, con i vantaggi di una ridotta invasività, minore degenerazione dei segmenti vertebrali adiacenti e il vantaggio di un intervento di più breve durata e con minori complicanze.

Esistono diverse tipologie di dispositivi interspinosi che si differenziano per le modalità d’inserimento e materiali di costruzione, tutti con in comune il meccanismo di distrazione dei processi interspinosi che determina la riduzione della libertà di movimento in estensione dei corpi vertebrali trattati, mantenendo tuttavia le normali capacità di rotazione e flessione dell’asse rachideo.

Tale azione permette la distensione della porzione posteriore della colonna con riduzione dell’eventuale protrusione discale e dello spessore dei legamenti gialli. Questi effetti determinano un aumento delle dimensioni del canale vertebrale con riduzione o scomparsa della sintomatologia dolorosa associata. Il distanziatore interspinoso viene inserito con un piccolo intervento chirurgico che comporta un taglio di massimo 3 cm in posizione mediana al livello da trattare.

Il distanziatore viene posizionato con l’aiuto della guida fluoroscopica e stabilizzato perforando il legamento interspinoso, senza determinarne l’interruzione. Il paziente viene ricoverato per due notti e tenuto in osservazione per 24 ore circa dopo l’intervento.

Successivi controlli prestabiliti nel tempo servono a confermare la stabilità del sistema e tenere sotto controllo eventuali alterazioni delle strutture muscolo-scheletriche circostanti.

VISCOSUPPLEMENTAZIONI

La viscosupplementazione consiste nell’iniezione di acido ialuronico all’interno delle articolazioni colpite da artrosi.

Nelle articolazioni artrosiche, le parti viscoelastiche del liquido articolare, “che fungono da ammortizzatore dell’articolazione”, in particolare gli acidi ialuronici, sono danneggiate e si riducono più velocemente.

L’osteoartrosi è uno dei disturbi più comuni del sistema muscoloscheletrico.

L’osteoartrosi rappresenta inoltre la principale causa di invalidità e difficoltà negli individui di mezza età e negli anziani con significativi costi economici, sociali e psicologici.

Obiettivi del trattamento delle lesioni della cartilagine sono:

  • ridurre la flogosi e quindi il dolore e i versamenti
  • ripristinare la funzione articolare
  • ridurre l’invalidità
  • posticipare o limitare la necessità di una sostituzione protesica

Nelle articolazioni colpite da artrosi, le parti viscoelastiche del liquido articolare, in particolare gli acidi ialuronici, sono danneggiate e si riducono più velocemente rispetto alle articolazioni normali.

Una opzione di trattamento per sostituire le parti viscoelastiche del liquido articolare consiste nell’iniezione di acidi ialuronici sintetici a medio-alto peso molecolare. Questo nuovo trattamento è chiamato “viscosupplementazione”.

Rifornire la componente di acido ialuronico del liquido sinoviale normale può avere un ruolo nel potenziare le proprietà elastiche e di viscosità del liquido sinoviale, intervento che può aiutare ad alleviare i segni e i sintomi correlati all’osteoartrosi e migliorare la funzione.

I corticosteroidi riducono l’infiammazione acuta e la tumefazione articolare. L’acido ialuronico invece ha un’efficacia più lenta e prolungata.

La viscosupplementazione è indicata in:

  • Pazienti che non abbiano risposto sufficientemente a trattamenti non-invasivi o non chirurgici o che non siano candidati alla sostituzione protesica.
  • Pazienti con controindicazioni all’utilizzo degli anti-infiammatori non steroidei (FANS) o intolleranti al loro utilizzo.
  • Pazienti che non hanno risposto alla terapia con corticosteroidi e/o FANS.

L’iniezione intra-articolari di farmaci è stata eseguita inizialmente a livello del ginocchio, successivamente il trattamento è stato esteso ad altre grandi articolazioni: anca, spalla e caviglia.

La viscosupplementazione può essere usata anche in altri distretti (gomito, polso) e in articolazioni più piccole come la trapezio-metacarpale, articolazione colpita frequentemente e con esiti invalidanti sotto la forma di rizoartrosi.

L’introduzione dell’ago sotto guida ecografica è particolarmente utile perché permette l’identificazione del target e di ridurre il rischio di lesionare strutture anatomiche intra ed extra-articolari (vasi, strutture nervose, tendino-legamentose).

Una volta introdotto correttamente l’ago si procede all’iniezione di una quantità variabile di soluzione di ialuronato di sodio a seconda dell’articolazione coinvolta.

La progressione della soluzione in sede intra-articolare viene monitorata in tempo reale. Al termine della procedura è consigliata la mobilitazione dell’articolazione al fine di favorire l’omogenea distribuzione della soluzione iniettata nell’articolazione.

La durata complessiva della singola procedura è generalmente molto breve, inferiore ai 10-15 minuti circa.

L’effetto del trattamento è immediato ed è avvertito dal Paziente come una maggior fluidità nel movimento dell’articolazione trattata e riduzione dell’artralgia.

L’efficacia tende tuttavia a svanire in tempi più o meno rapidi, nell’ordine di qualche mese, pertanto la maggior parte dei trial clinici utilizza trattamenti intra-articolari intervallati ogni 3-4 mesi. I maggiori benefici si osservano in individui affetti da forme lievi-moderate di osteoartrosi, in cui il danno cartilagineo è ancora limitato.

Coordinamento: Via Velletri 10 Roma

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