Ogni uomo può essere “padre”. Ci vuole una persona speciale per essere un “papà”.
È risaputo che i genitori ricoprono un ruolo basilare nella vita di ognuno di noi: da quando nasciamo si occupano della nostra crescita, della nostra istruzione, ci formano e ci influenzano inconsciamente ogni giorno.
Le figure genitoriali svolgono una funzione centrale per tutto l’arco del ciclo vitale: la relazione che abbiamo avuto con le nostre figure di accudimento trova uno spazio all’interno della nostra mente, viene interiorizzata, continuando ad esercitare la sua influenza nel tempo e riattivando dialoghi intensi quando siamo in procinto di affrontare fasi evolutive particolarmente importanti. Nell’epoca perinatale le esperienze passate del futuro genitore hanno un ruolo rilevante: un padre che ha alle spalle un accudimento amorevole da parte di chi lo ha cresciuto sarà maggiormente incline al prendersi cura del proprio figlio e a sintonizzarsi sui suoi bisogni.
Essere genitore è un compito difficile perché ci si ritrova, all’improvviso, davanti all’inaspettato. Bisogna prendersi cura del piccolo, proteggerlo e cercare di trasmettergli i valori più importanti per far sì che cresca felice e sereno.
È risaputo che la madre ha un ruolo fondamentale nella crescita del proprio figlio e sono tantissimi gli studi che confermano che fin dalla gravidanza è possibile “influenzare” il futuro bambino. Al contrario, sono ancora pochi gli studi che parlano di quale sia il contributo della figura paterna nello sviluppo del proprio figlio.
Il ruolo del papà
I papà, soprattutto in passato, sono stati spesso messi in secondo piano nella crescita della prole, nulla di più sbagliato. Fino al secolo scorso, il padre all’interno della famiglia era purtroppo una figura fondamentalmente assente, anche perché l’uomo aveva il compito di lavorare e alla donna spettava l’accudimento della prole. Il ruolo educativo del padre era nella maggior parte dei casi esplicitato attraverso comandi e punizioni (basti pensare al modo di dire “se non la smetti stasera lo dico a papà!”), i bambini fondamentalmente avevano timore del padre e dei rimproveri che suscitavano sensi di colpa e lontananza affettiva. A parte poche eccezioni, il padre trascorreva poco tempo assieme ai propri figli, dedicandosi sporadicamente al loro accudimento.
Attualmente le cose sono fortunatamente cambiate. Gli uomini, poco a poco, stanno scoprendo l’entusiasmo di diventare padri, di stabilire fin da subito una vicinanza e un contatto con il proprio figlio, di sentirsi alleati della propria compagna nella crescita di quest’ultimo. Pensiamo al fatto che la maggior parte degli uomini di oggi assiste al momento del parto, indice del desiderio di avere sin da subito un rapporto col nascituro. Insomma, i padri attuali, seppur con fatica, stanno ricercando il ‘paterno’ per aiutare a crescere i propri figli, per recuperare delle relazioni intime e sincere con loro.
L’eredità psicologica
Da un punto di vista di eredità psicologica, il papà può incarnare nella figlia l’idea e l’ideale di uomo che ricercherà nel futuro e, nel figlio maschio, l’immagine del tipo di uomo, compagno e padre che vorrà essere o non essere. Tra i loro compiti genitoriali rientrano il favorire nel piccolo un maggior attaccamento e contenimento emozionale, rappresentare lo specchio della prima forma di autorità sperimentata, mediare la realtà esterna ed i valori. La funzione primaria del padre, attraverso il suo esempio e la sua guida, è quella di trasmettere al figlio la sua personale “visione del mondo”, ovvero la sua distinzione fra il positivo e il negativo, fra il bene e il male. Interiorizzando questi aspetti, il figlio ha un supporto valido per giudicare sé stesso e la realtà che lo circonda.
Sono molte le cicatrici che possiamo avere se non abbiamo avuto un papà o se quest’ultimo è stato decisamente assente. Dal punto di vista psicologico il ruolo negativo di un padre può ripercuotersi su lati del carattere della prole, provocando insicurezza, mancanza di autostima e di fiducia nel prossimo. La presenza di un padre nella nostra vita è quindi fondamentale, ad esempio rassicura la propria figlia e la avvicina al mondo maschile fin dalla tenera età, rendendolo meno “pauroso” e accettandone le diversità da subito. Un padre che si prende cura del proprio bambino, cercando di capirne bisogni emotivi e fisiologici e tentando di rispondervi in modo adeguato, farà vivere al proprio figlio l’esperienza di un contesto rassicurante entro cui i suoi segnali comunicativi sono visti e ascoltati: in questo senso l’empatia rappresenta la possibilità di un dialogo profondo e autentico tra genitore e bambino.
Il papà nella crescita dei figli
Durante la crescita dei figli il padre è anche colui che, spesso, li impegna in attività generalmente destrutturate e dai tratti “spericolati” che sono però importanti nello sviluppo dell’autonomia e delle competenze sociali del piccolo. Arrivata l’adolescenza, il padre sarà, invece, chiamato a sostenere l’indipendenza e l’autonomia dei propri figli, spingendoli sempre più verso il mondo adulto, esterno alla casa di nascita. Il padre si trova così in una posizione delicata di mediatore che, da una parte spinge i figli verso una vita adulta e dall’altra accoglie e placa le ansie e preoccupazioni della moglie/partner.
Il ruolo paterno può quindi essere visto come un paradosso, dato che consiste nel mantenere una certa autorevolezza e virilità sul fronte sociale ed extra-familiare e, al contempo, la rinuncia al depotenziamento di questi aspetti più competitivi e mascolini a favore di atteggiamenti di cura e tutela del proprio nucleo familiare.
Vi è infine un padre privato in ognuno di noi, il proprio padre interno, che può anche non coincidere con quello biologico, ma che si rifà a quel vissuto personalissimo, fatto di ricordi e sensazioni uniche che differenziano ogni padre dall’altro, anche da quello del proprio fratello o sorella. Ecco, è forse quello il padre più importante da rievocare, su cui riflettere e magari anche da omaggiare, quello che, nel bene o nel male, ha influito su di noi e a cui inconsciamente facciamo riferimento e ci rivolgiamo nell’affrontare e gestire le molte difficoltà e decisioni che la vita ci pone.