La rapida diffusione del Covid-19 ha colto alla sprovvista sia i servizi assistenziali, costretti improvvisamente a far fronte ad una emergenza inimmaginabile, sia i medici, che all’inizio della pandemia non disponevano di un sufficiente bagaglio di conoscenze sul virus.
Una delle problematiche più importanti, infatti è stata il riconoscimento precoce della malattia perché molti sintomi si sovrapponevano al tipico quadro influenzale.
La perdita di olfatto (anosmia) e del gusto (ageusia), sono state presenti fin dalla prima fase della pandemia e molti pazienti, purtroppo, dopo la malattia, non sono riusciti a recuperare del tutto la capacità di sentire il sapore o l’odore dei cibi e delle bevande.
Covid-19 e perdita di gusto e olfatto: i meccanismi che colpiscono le cellule nervose
Il centro dell’olfatto è localizzato al di sotto dei lobi cerebrali frontali nei cosiddetti “bulbi olfattori”, mentre quello del gusto è localizzato a livello del lobo parietale “area gustativa primaria” e le due aree risultano connesse tra loro.
Gli studi effettuati hanno ipotizzato, che queste alterazioni non sono dovute specificatamente a ostruzioni nasali organiche, bensì da un malfunzionamento dei bulbi nervosi olfattori colpiti dal virus. La ragione per cui la SARS Covid-2 provochi anosmia e ageusia è dovuta al fatto che questo virus, oltre a colpire l’apparato respiratorio, è in grado di infettare anche le cellule nervose, essendo un virus neurotropo. Una prerogativa, questa, che lo accomuna ad altri virus, tra cui, per esempio, quelli del morbillo, della varicella e dell’influenza. Sono ben quattro i meccanismi “neuro-invasivi” del Covid-19 finora identificati:
- l’interessamento diretto sui recettori olfattivi, localizzati nelle cavità nasali;
- l’ingresso all’interno dei leucociti, per mezzo dei quali viene trasportato nell’intero organismo incluso il sistema nervoso centrale;
- tramite le cellule nervose dei nervi cranici;
- attraverso l’endotelio vascolare, ossia il sottile rivestimento interno dei vasi sanguigni.
Il danno provocato da SARS Covid-2 alle cellule nervose può essere sostenuto da vari meccanismi. In particolare può essere diretto, oppure mediato, da una risposta immunitaria fuori controllo che provoca un processo infiammatorio (la cosiddetta “tempesta citochinica”) responsabile anche di conseguenze a livello neurologico, quali convulsioni, eventi ischemici ed emorragici.
I primi dati, provenienti in particolare dalla Cina, Corea del Sud e Italia, indicano che oltre il 60% dei pazienti con diagnosi di Covid-19 perde completamente l’olfatto e una percentuale ancora più elevata (88%) soffre di un certo grado di alterazione del gusto.
Anosmia: una condizione molto frequente negli stati influenzali
L’anosmia non è un fenomeno così insolito nei casi di infezioni virali: come per esempio nei Rhinovirus del raffreddore, alcuni virus para- influenzali e quelli influenzali portano spesso a disfunzioni a livello olfattivo, caratterizzate da una reazione infiammatoria della mucosa nasale. Anche altri Coronavirus portano alla perdita dell’olfatto e di conseguenza anche del gusto in circa il 15% dei casi, non è stato quindi sorprendente scoprire che anche il COVID-19 causasse anosmia nei pazienti infetti.
La perdita dell’olfatto e le alterazioni del gusto nell’infezione da Covid-19 sono in genere molto precoci e compaiono già prima del ricovero in ospedale. In percentuale le donne presentano alterazioni dell’olfatto e del gusto molto più frequentemente rispetto agli uomini, colpendo in media la fascia più giovanile.
L’anosmia è stata riscontrata maggiormente nei pazienti occidentali, 30% in più rispetto ai cinesi. Questo potrebbe far pensare ad una mutazione del virus, oppure potrebbe far supporre che gli europei abbiano, rispetto ai cinesi, una maggiore concentrazione di recettori dell’enzima ACE2 che è la porta d’ingresso del virus.
Infatti il meccanismo più frequente alla base dell’anosmia da Covid-19 sembra essere una lesione neurale a carico dell’epitelio olfattivo; il virus penetra cioè nella cellula attraverso i recettori ACE2 e tende a distruggerla, dando una lesione olfattiva importante, a volte anche irreversibile. Il sintomo è di solito preceduto da una forte secchezza delle mucose nasali e in generale si presenta nelle forme di gravità lieve-moderata della malattia e non in quelle più gravi.
Se questo può spaventare, va sottolineato che l’anosmia è una condizione anche molto frequente negli stati influenzali. Infatti in percentuale, l’influenza determina più danni all’olfatto rispetto al Covid, ma in questo caso, essendosi trattata di una pandemia, il Covid ha fatto registrare, nel complesso, un maggior numero di casi.
Diagnosi e terapia per anosmia e ageusia
L’Olfattometria è un esame che può essere effettuato per valutare la capacità olfattiva. È un esame soggettivo, basato cioè sulla risposta cosciente del paziente ad uno stimolo. Il paziente è invitato ad annusare una serie di essenze odorose imbevute su carta e ad identificarle in un elenco predefinito. In base alle risposte date si potrà determinare la capacità olfattiva di ciascun paziente, che potrà essere normale (normosmia), ridotta (iposmia) o assente (anosmia).
Al momento si stanno esplorando diversi trattamenti terapeutici, finalizzati al recupero del gusto e olfatto. In pratica ai pazienti vengono dati da annusare campioni di sostanze dall’odore forte (Sniffing Test), invitandoli a cercare di identificarli, con l’obiettivo di indirizzare il ripristino della segnalazione olfattiva. Tuttavia, questo metodo sembra funzionare solo con le persone che hanno una perdita parziale dell’olfatto.
L’utilizzo degli steroidi per uso inalatorio potrebbero essere d’aiuto per ridurre l’infiammazione locale nasale, ma in pratica i risultati ottenuti sono stati poco soddisfacenti.
Un’altra possibilità terapeutica, attualmente in corso di sperimentazione, è l’infiltrazione di plasma ricco di piastrine (PRP) e di sostanze biochimiche che potrebbero indurre la guarigione, ma anch’essa finora ha dato pochi risultati.
Per quanto riguarda la prognosi è evidente che ogni caso è diverso: l’entità e la durata dell’anosmia e della ageusia, in altre parole, dipendono dall’azione lesiva del virus. Spesso il recupero dell’olfatto avviene nell’arco di una o poche settimane.
Se da un lato, per la natura della lesione, non ci sono terapie specifiche, dall’altro un dato confortante è che con il passare del tempo, anche nei casi di più lungo decorso, si osserva un progressivo recupero spontaneo della funzione olfattiva e del gusto.
A tutt’oggi, esistono anche “gruppi di supporto” per chi soffre problemi di gusto e di olfatto, fornendo consigli pratici per superare le difficoltà quotidiane, almeno finché non si guarisce del tutto.
Nel caso in cui dopo due/tre mesi persistono ancora disturbi olfattivi e gustativi è consigliabile sempre rivolgersi a un medico specialista ed in particolare all’Otorinolaringoiatra per una valutazione più approfondita.
A cura di
DOTT. STEFANO D’ALESSANDRO – Medico Chirurgo e Otorinolaringoiatra