Il diabete è una patologia metabolica a eziologia multifattoriale la cui gravità sullo stato di salute della popolazione generale è riassumibile in poche cifre: più di 425 milioni di persone nel mondo ne sono affette.
La spesa sanitaria mondiale collegata alla patologia diabetica supera i 700 miliardi di dollari l’anno (circa 10 miliardi l’anno ossia 2.800 € per ciascun paziente italiano);
la prevalenza sfiora il 9% della popolazione attuale, il 10% della popolazione mondiale entro i prossimi 25 anni. In pratica, durante i prossimi anni una persona su 10 sarà affetta da diabete. Altro dato allarmante è la proporzione non diagnosticata ossia che non sa di esserne affetta, cifra che per la sola europea sfiora il 38%, ossia 22 milioni di persone.
L’Italia ha circa 3 milioni di diabetici ed è attualmente l’ottavo paese al mondo per numero di diabetici over 65. Ciò enfatizza in tutta la sua drammaticità quanto sia importante prevenire e trattare il più precocemente possibile ossia non appena vi sono le prime avvisaglie di diabete (es. glicemie a digiuno alterate, emoglobina glicata > 5.6%, presenza di comorbidità, elevato indice di massa corporea, etc.).
I vari tipi di diabete
Il diabete spesso si accompagna a status ponderale importante (sovrappeso o obesità) e a complicanze cardiache, vascolari, oculari, renali o periferiche, rendendo il decorso ben più ingravescente. E’ possibile caratterizzare diversi quadri patologici: il diabete di tipo 1, diabete di tipo 2, diabete gestazionale, diabete insipido, LADA (latent autoimmune diabetes of the adult ossia diabete autoimmune latente dell’adulto) e MODY (maturity onset diabetes of the young ossia diabete monogenico del giovane non autoimmune).
Prevenzione e terapia dipendono strettamente dalla tipologia: non è ad oggi possibile fare prevenzione per forme di diabete come il diabete di tipo 1 e il MODY, intimamente relate al corredo genetico ereditato. Al contrario si può fare molto per il diabete mellito di tipo 2 ossia per il 90% dei casi. Studi internazionali multicentrici come il Diabetes Prevention Program, il Finnish Diabetes Prevention Study e il Look AHEAD Study hanno dimostrato che un’alimentazione sana e regolare attività fisica possono ridurre del 60% il rischio di diabete in soggetti predisposti.
Alcuni fattori di rischio che individuano una persona come suscettibile di sviluppare patologia diabetica sono:
• età superiore a 45 anni
• sovrappeso, specialmente se localizzato all’addome
• vita sedentaria
• parentela con diabete, specialmente se di primo grado (genitori, fratelli, sorelle)
• parto con figlio di peso superiore a 4 kg o aver sofferto di diabete gestazionale
• alterata glicemia a digiuno (fra 110 a 125 mg/dL)
• ipertensione arteriosa
• intolleranza al glucosio
• appartenenza a gruppi etnici ad alto rischio (ispanici, asiatici, africani)
• fumo di sigaretta
• peso alla nascita (> 4 kg oppure < 2.5 kg).
Diabete e come intervenire
Dal punto di vista dietetico, quantità e frequenza di consumo sono centrali sia nella prevenzione sia nella gestione del diabete – per quest’ultima occorre tenere in considerazione eventuale terapia farmacologica. Le prime accortezze includono la limitazione di: alimenti a elevato contenuto di zuccheri semplici e/o carboidrati (frutta fresca, prodotti da forno e cereali in primis), alimenti fritti e/o ricchi in grassi saturi o grassi trans; cibi ricchi in sale; dolciumi; bevande con zuccheri aggiunti come succhi, bevande per sportivi o energy drinks.
Altro parametro valutato durante una visita nutrizionale è il timing: quanto tempo intercorre tra un pasto e quello successivo? L’andamento glicemico è legato indissolubilmente all’assunzione di nutrienti, specialmente quelli ricchi in zuccheri semplici o carboidrati, nonché a eventuali farmaci. Occorre infatti prestare particolare attenzione all’equilibrio energetico, il quale si ripercuote sull’andamento glicemico e dunque sulla secrezione di ormoni come il glucagone, l’insulina e le catecolamine adrenalina e noradrenalina.
Una sensazione di buco allo stomaco si accompagna ad attivazione massiccia dei centri della fame localizzati nell’ipotalamo e spesso a comportamento alimentare compensatorio. Esempio classico? il ricorso a comfort food come snack confezionati, la cui assunzione genera tendenzialmente un’impennata glicemica e relativa repentina secrezione insulinica contro-regolatrice. Nel quotidiano, ampio ricorso a verdura cotta e cruda, badando eventualmente ad assunzioni elevate di verdura “amidacea” (legumi e patate!), nonché adeguato apporto idrico quotidiano.
L’importanza dello stile di vita e dell’attività fisica
Ciascun piano dietetico deve tener conto dell’anamnesi personale e dello stile di vita, considerando che esiste più di un approccio nutrizionale e che sta al medico/nutrizionista concordarlo col proprio paziente, sulla base di un rapporto fiduciario. Altro parametro cogente: attività fisica quantificabile in almeno 30 minuti consecutivi per almeno 150 minuti complessivi a settimana (5 volte a settimana).
Il contesto attività fisica così generalizzato deve ovviamente tener conto del contesto personale e dell’eventuale storia clinica del soggetto. Fare sport significa incentivare il dispendio energetico individuale e come tale si produce in variazioni glicemiche che in soggetti come coloro che sono affetti da diabete di tipo 1 è quanto mai cruciale – in questi e non solo, l’attività sportiva potrebbe prodursi in ipoglicemia se non adeguatamente gestita.
L’ipoglicemia rappresenta il rovescio della medaglia, specialmente in soggetti sotto terapia insulinica: quante unità assumere a casa o a una festa di compleanno? Cosa succede se salto un pasto? Cosa succede se non ho unità a sufficienza con me? Sono solo alcuni esempi che frequentemente vengono descritti durante una visita.
Talvolta si può descrivere l’andamento glicemico in modo simile a un tracciato cardiaco (ECG) ossia con impennate e crolli della glicemia, il che sovente accade e deve essere adeguatamente affrontato. Il paziente va messo al corrente, edotto e reso partecipe della gestione della propria qualità della vita. E’ convenzione che il 14 novembre di ogni anno si celebri la giornata mondiale del diabete, giorno in cui nacque Frederick Banting, co-scopritore dell’insulina assieme a Charles Best nel 1922.
A cura di Dott. Antonio Di Mauro, Biologo- Nutrizionista