Deficit dell’attenzione e iperattività:
come riconoscerlo

Deficit dell'attenzione

L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder – Disturbo da Deficit dell’ Attenzione ed Iperattività) rientra nella categoria dei Disturbi del Neurosviluppo (patologie che esordiscono nel periodo dello sviluppo) ed è caratterizzato da livelli invalidanti di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività.

La presenza del deficit dell’attenzione in Italia è abbastanza diffusa, è stimata in circa il 5% dei bambini ed il 2,5% degli adulti. Nel periodo della fanciullezza, l’ADHD si sovrappone spesso a disturbi quali il Disturbo Oppositivo-Provocatorio e il Disturbo della Condotta. Spesso, inoltre, permane in età adulta, causando difficoltà in ambito sociale, scolastico e lavorativo.

Caratteristiche e sintomi del  deficit dell’attenzione

I sintomi che si manifestano con il disturbo del deficit dell’attenzione possono essere:

  • Disattenzione: il bambino o ragazzo manifesta eccessiva divagazione dal compito, mancanza di perseveranza, difficoltà nel mantenimento dell’attenzione, disorganizzazione non imputabile ad una mancata comprensione. Sono inoltre deficitarie la memoria di lavoro e la pianificazione. Questa discontinuità dell’attenzione compromette l’apprendimento, non permette lo sviluppo di abilità cognitive come il problem solving e di strategie comportamentali adeguate ad instaurare relazioni soddisfacenti con gli adulti ed i compagni.
  • Iperattività: il bambino manifesta un comportamento ipercinetico e mancanza di autoregolazione. Questi deficit si traducono in un’attivazione motoria spropositata ed inappropriata, eloquio eccessivo, difficoltà di inibizione delle risposte e difficoltà nel rispettare regole e turni. Nell’adulto l’iperattività può esprimersi con un’irrequietezza estrema o l’effetto logorante verso gli altri della propria attività.
  • Impulsività: si manifesta con azioni estremamente affrettate e istantanee, spesso con elevato rischio. L’impulsività può esprimere un desiderio di immediata ricompensa, manifestandosi anche con comportamenti invadenti, come interrompere gli altri o prendere decisioni importanti senza riflettere sulle possibili conseguenze. I sintomi del deficit dell’attenzione variano a seconda del contesto in cui si manifestano e si presentano in più occasioni: a casa, a scuola o a lavoro. Questo disturbo esordisce nell’infanzia ma non vi è alcuna specificazione di un’età di esordio. È frequentemente identificato nel corso degli anni della scuola elementare, dove anche la disattenzione risulta maggiormente invalidante. Il quadro sintomatologico risulta più stabile nella prima adolescenza ma in alcuni casi, però, può presentarsi un peggioramento nel corso del tempo, con la comparsa di comportamenti antisociali. 

Sintomi del disturbo in età adulta 

 Una parte dei sintomi tipici del disturbo in età infantile tendono a riproporsi nella fasi successive di vita. Le caratteristiche sintomatologiche che più frequentemente si presentano nell’adulto e nei giovani sono:

  • disattenzione cronica che si manifesta in diverse forme: distraibilità, scarsa capacità nel prestare e mantenere a lungo l’attenzione e nel portare a termine i compiti affidati. Altri sintomi posso manifestarsi nella propensione ad evitare impegni che richiedono uno sforzo mentale protratto nel tempo, incapacità di mettere a fuoco la tematica principale, dimenticanze;
  • impulsività comportamentale e verbale (agitazione, difficoltà a stare seduto, fare le cose senza pensare alle conseguenze, non rispettare i turni di parola all’interno di un dialogo, essere logorroici);
  • disorganizzazione (caos e casualità nella pianificazione di pensiero e azione);
  • scarse capacità sociali e di mentalizzazione;
  • sensazione di noia e difficoltà ad essere soddisfatti con lo svolgimento del proprio lavoro o altri aspetti della vita quotidiana; • frustrazione immediata di fronte a circostanze di ritardo;
  • labilità emotiva Un individuo che ha convissuto con l’ADHD per la maggior parte della sua vita senza mai essere diagnosticato potrebbe aver sviluppato altre forme di disagio: scarso rendimento scolastico, un eccesso di separazioni e divorzi, maggiori probabilità di difficoltà lavorative, sfavorevoli condizioni socioeconomiche, maggior probabilità di esporsi a rischi.

Cause del deficit dell’attenzione

 La ricerca ha evidenziato l’importante ruolo ricoperto dai fattori genetici sullo sviluppo dell’ADHD. La trasmissione genetica incide sui livelli di attività motoria e si ipotizza, dunque, una base ereditaria per il disturbo. È stato dimostrato come il peso dei fattori genetici sullo sviluppo del disturbo sia maggiore in presenza di sintomi di maggior gravità. I bambini con ADHD, in particolare, manifestano un deficit evolutivo che interessa i circuiti cerebrali correlati all’inibizione e all’autocontrollo.

 Alcune ricerche hanno messo in luce importanti differenze tra persone con ADHD e quelle che non sono affette da tale patologia: le aree cerebrali che governano le emozioni e la motivazione risultano essere più piccole rispetto alla popolazione generale. Inoltre, si è osservato che i bambini in età prescolare con ADHD mostrano un volume cerebrale significativamente ridotto in più regioni della corteccia cerebrale, inclusi i lobi frontali, temporali e parietali, regioni tipicamente coinvolte nel controllo cognitivo e comportamentale.

 Diagnosi e trattamento del deficit dell’attenzione

 Il trattamento dell’ADHD prevede un intervento multimodale e multidisciplinare in grado di combinare interventi di tipo farmacologico, psico-educativo e psicoterapeutico. Per quanto riguarda i farmaci, gli psicostimolanti sono ritenuti quelli più efficaci per adolescenti, bambini e adulti con ADHD: i loro effetti positivi principali sono a carico del mantenimento adeguato dei livelli di attenzione, dell’impulsività e dell’iperattività. Al trattamento farmacologico è sempre opportuno associare interventi psico-educativi e psicoterapeutici. La terapia psicologica del paziente con ADHD coinvolge tutte le aree deficitarie implicate nel disturbo.

Al bambino vengono illustrate e insegnate strategie che lo guidino in modo sistematico alla pianificazione del proprio comportamento nei diversi ambiti di vita e incrementino la sua capacità di problem solving. Grande attenzione viene rivolta all’ acquisizione dell’abilità di monitorare le proprie azioni, sviluppando una capacità di autoregolazione dell’impulsività e della disattenzione. Il bambino apprende, inoltre, a trarre informazioni importanti dai propri errori così da potersi autocorreggere, ma anche a sapersi premiare per il raggiungimento di risultati positivi.

L’intervento si pone anche l’obiettivo di incrementare le abilità sociali, lo sviluppo di interazioni più efficaci e la capacità di decodificare lo stato emotivo altrui, per poter rispondere e relazionarsi in modo più adeguato e funzionale. I programmi psico-educativi di provata efficacia per l’ADHD prevedono altresì vari livelli d’intervento, tra loro interconnessi, che coinvolgono anche la famiglia e l’ambito scolastico.

Come aiutare i genitori e gli insegnanti  

 I programmi di intervento diretti ai genitori hanno lo scopo di accrescere la consapevolezza e la conoscenza delle caratteristiche del disturbo del deficit dell’attenzione, sviluppando capacità di gestione da parte dei genitori e modificando i comportamenti disfunzionali messi in atto nella relazione con il bambino. È stato infatti riscontrato che i genitori di bambini con ADHD mettano frequentemente in atto comportamenti controllanti nei confronti del figlio, incentrati principalmente sull’uso di rimproveri eccessivi e incoerenti, spesso inefficaci.

L’alternanza tra comportamenti genitoriali improntati al controllo e la rinuncia verso la gestione delle condotte del bambino determinano un circuito che diminuisce ulteriormente l’autostima del bambino. Questi atteggiamenti controllanti o punitivi, che spesso si ripresentano anche negli altri contesti di vita del bambino come la scuola (in cui è frequente come esito l’isolamento da parte dei coetanei), rafforzano una visione negativa di sé da parte del bambino, che mantiene e rafforza le condotte sintomatiche. Il focus principale dell’intervento è posto sullo sviluppo di maggiori capacità riflessive da parte dei caregiver, per aiutarli ad acquisire maggior coerenza e stabilità nelle proprie strategie educative che aiutino e supportino il bambino nell’acquisizione della capacità di autogestirsi. Un ruolo fondamentale riveste la promozione di un miglior clima emotivo in famiglia e di una più efficace comunicazione con il bambino, anche definendo i corretti limiti e regole da seguire.

L’intervento indirizzato agli insegnanti ha lo scopo di fornire loro, in una prima fase, informazioni necessarie a raggiungere una piena conoscenza del disturbo ADHD. Ciò costituisce un prerequisito importante perché si possa iniziare un riconoscimento degli eventuali sintomi presentati dal bambino in classe. Diviene centrale, in tale ottica, trasmettere agli insegnanti informazioni su una strutturazione dell’ambiente scolastico che tenga in considerazione bisogni e caratteristiche del bambino iperattivo, per potenziare le sue capacità di attenzione e gli apprendimenti. È necessario, inoltre, fornire agli insegnanti strategie utili per gestire e modificare i comportamenti disfunzionali dello studente ADHD, oltre che migliorare le sue relazioni e l’integrazione con i coetanei.

A cura di Dott.ssa Elena Stella- psicologa e psicoterapeuta

Coordinamento: Via Velletri 10 Roma

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