INAPPETENZA NEI BAMBINI: QUANDO PREOCCUPARSI

I disturbi alimentari nella prima infanzia e nella preadolescenza sono disordini precoci complessi e multifattoriali, ancora non del tutto conosciuti e riconosciuti, spesso sottostimati, ma in realtà molto diffusi. Tra questi, il disturbo della inappetenza o ARFID (dall’inglese avoidant restrective food intake disorder), recentemente inserito all’interno del DSM-V (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).

A cura di: Dott.ssa Eleonora LuziBiologa Nutrizionista


Si tratta di un disturbo alimentare che si manifesta tipicamente nell’infanzia e nella preadolescenza, ma può persistere fino all’età adulta. L’ARFID, a differenza di difficoltà alimentari più lievi e transitorie legate a fasi fisiologiche dello sviluppo del bambino, è caratterizzato dalla persistente incapacità di soddisfare le adeguate necessità nutrizionali ed energetiche, con conseguente significativa perdita di peso e rallentamento della crescita.

I SINTOMI DELL’ARFID

L’ARFID può manifestarsi attraverso uno o più profili sintomatologici e comportamentali caratterizzati da: inappetenza o scarso interesse nei confronti del cibo, alimentazione altamente selettiva per avversione sensoriale, fobie relative a conseguenze legate all’ingestione di cibo (vomito, soffocamento, allergie) in seguito ad eventi traumatici pregressi. La perdita di interesse può essere presente sia in relazione al mangiare, sia al cibo in generale.

LE MOTIVAZIONI DELL’INAPPETENZA

A volte la inappetenza sembra correlata all’individuo che vive il mangiare come un obbligo, o semplicemente non trae piacere o soddisfazione dal cibo. Tale disturbo si sviluppa più comunemente nell’infanzia o nella prima infanzia e può persistere in età adulta. A causa della ristretta gamma di alimenti assunti, spesso i bambini e adolescenti hanno un basso peso o una crescita ridotta. In alcuni individui, l’evitamento o le restrizioni alimentari possono derivare da un’estrema sensibilità all’aspetto o alle caratteristiche sensoriali del cibo come colore, odore, consistenza, temperatura o sapore e spesso gli alimenti selezionati sono quattro o cinque.

Questo comportamento può portare al rifiuto di mangiare determinati alimenti o all’evitamento di determinati ambienti, come la mensa scolastica o anche i pasti in famiglia poiché risulta difficile anche solo sopportare l’odore del cibo. Alcuni bambini annuseranno attentamente il piatto prima di consumarlo, altri sceglieranno solo cibi con una particolare consistenza, ad esempio solo alimenti morbidi o croccanti. In riferimento al colore, molti hanno una forte predilezione per la così detta “dieta beige”, la quale include cibi come biscotti, pane, patate; solitamente si tratta di alimenti piuttosto calorici ma tutti di colore chiaro e dal sapore meno complesso in termini di palatabilità rispetto ad alimenti di colore verde o rosso caratterizzati, invece, da un gusto più deciso. Questo profilo si riscontra spesso nei disturbi dello spettro dell’autismo a causa dell’elevata sensibilità sensoriale tipica di questi soggetti.

La terza motivazione che può guidare la inappetenza o la restrizione di cibo è la persistente preoccupazione per possibili conseguenze avverse nel mangiare, addirittura del tipo: “Se mangio questo, accadrà qualcosa di spiacevole”. Il “qualcosa di spiacevole” è correlato alla paura di vomitare o soffocare, alla paura di nausea o dolore gastrointestinale, o semplicemente alla paura che l’alimento possa non piacere.

COME CURARE L’INAPPETENZA NEL BAMBINO

L’ARFID può causare  complicanze, anche gravi, se non trattato precocemente.
La cura di questi disturbi, che si manifestano sempre di più sin dall’età preadolescenziale, richiede il tempestivo intervento di un’equipe multidisciplinare e la completa collaborazione della famiglia.

Il ruolo del nutrizionista, per esempio, è quello di lavorare insieme al bambino e al genitore, promuovendo comportamenti salutari che permettano loro di ritrovare l’armonia durante i pasti. Inoltre, sarà importante instaurare un rapporto di fiducia con il bambino per fare in modo che sia lui il primo a fidarsi di sé stesso e confidare nel proprio senso di fame e sazietà. Solitamente, infatti, bambini che presentano un disturbo alimentare vengono descritti come poco interessati al cibo. In questi casi è bene che i genitori coinvolgano il bambino nell’atto di fare la spesa, alla scoperta di nuovi alimenti che possano suscitare la sua curiosità e di quegli alimenti che ancora il bambino non accetta.

Un ulteriore metodo è quello di cucinare insieme al bambino o semplicemente farlo assistere alla preparazione dei pasti. Un elenco riguardo agli alimenti ed alle consistenze preferite dal bambino può essere utilizzato per identificare nutrienti con caratteristiche simili che possono offrire opportunità per aumentare la gamma di cibi e piatti accettati. Tutto ciò contribuisce alla creazione di un momento di condivisione e di un ambiente favorevole che può aiutare ad alleviare lo stato d’ansia anticipatorio dei pasti.

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