ERNIA IATALE E REFLUSSO

ERNIA IATALE

La diagnosi dell’ernia iatale avviene spesso casualmente. Durante lo svolgimento di altri controlli di prevenzione o di accertamento, dovuti a disturbi gastrici, può essere riscontrata la presenza di tale patologia, che risulta molto diffusa nella popolazione.

L’ernia iatale può rimanere asintomatica per molto tempo, fino alla comparsa dei disturbi tipici del reflusso gastroesofageo che, a causa dell’ernia iatale, trova terreno fertile.

Questo disturbo è caratterizzato dalla risalita di parte dello stomaco, all’interno del torace, tramite la parte finale del diaframma e può essere dovuto a delle pressioni addominali, come durante la gravidanza o in caso di forte stitichezza. Pertanto, nonostante non si conoscano ancora chiaramente le cause dell’ernia iatale, si conoscono fattori che possano favorirla, come l’avanzare dell’età e il relativo rilassamento dei muscoli delle fasce addominali.

L’ernia iatale può rimanere asintomatica e non recare alcun disturbo ma, in alcuni casi,  favorisce il fenomeno del reflusso gastroesofageo.

Il reflusso gastroesofageo consiste nella risalita, dallo stomaco verso l’esofago, degli acidi gastrici e, talvolta, anche di bile. L’azione erosiva degli acidi, all’interno dell’esofago, provoca bruciore e, talvolta, a causa del coinvolgimento dei muscoli esofagei, dolore toracico simile al dolore cardiaco.

Il rigurgito, che si manifesta spesso di notte, è un altro fastidioso effetto causato dal reflusso gastroesofageo.

LA DIAGNOSI

La diagnosi di ernia iatale avviene attraverso l’anamnesi e l’esame obiettivo del paziente. Nel caso in cui tale indagine non fosse sufficiente, come ad esempio in presenza di sintomi persistenti severi o insoliti che potrebbero rimandare a condizioni anche più gravi o nel caso di una non reattività ai farmaci, si ricorre ad esami più specifici permettendo così una diagnosi differenziale, soprattutto per escludere le cardiopatie e  un attacco di cuore.

Gli esami più specifici possono variare e comprendono esami del sangue, gastroscopia, esame radiologico effettuato con contrasto, manometria esofagea e pH-metria esofagea.

  • Gli esami del sangue permettono di rilevare anemie che potrebbero essere causate da ulcere esofagee.
  • La gastroscopia consente di visualizzare tramite una sonda, l’endoscopio, l’interno di esofago, stomaco e duodeno. Tramite questo esame si valuta lo stato di salute della parete esofagea alla ricerca di segni di irritazione causati dalla risalita dei succhi gastrici. Durante questo esame è possibile eseguire anche una biopsia che può essere successivamente analizzata. Tramite la biopsia può anche essere evidenziata una complicanza del reflusso esofageo chiamata l’esofago di Barrett.
  • La radiografia con contrasto al solfato di bario permette di valutare la capacità di deglutizione del paziente e identificare occlusioni o anomalie lungo il tratto esofago-stomaco. L’esame prevede l’ingestione da parte del paziente di una bevanda contenente solfato di bario, sostanza che ai raggi X appare bianca. La distribuzione di questa sostanza lungo il tratto digerente ne permette una chiara osservazione tramite i raggi X. È considerato un esame lievemente invasivo poiché il paziente viene esposto a radiazioni ionizzanti pericolose per l’organismo.
  • La manometria esofagea valuta la motilità dell’esofago e la funzionalità del cardias tramite la misurazione della pressione dell’interno dell’esofago. Si effettua inserendo un tubicino nel naso del paziente dotato di sensori pressori che viene spinto fino all’esofago sede in cui deve essere rilevata la pressione.
  • La pH-metria esofagea delle 24 ore misura i livelli di acidità dell’esofago durante la giornata. Si effettua tramite l’inserimento di un catetere collegato a un dispositivo portatile di registrazione esterno. Il catetere viene inserito dal naso e spinto fino all’esofago dove registra le misurazioni che il sensore effettua. Il sensore viene attivato dal paziente stesso quando avverte i sintomi. È importante che il paziente mangi come di consueto per rendere l’esame più attendibile, infatti l’alimentazione svolge un ruolo chiave nella malattia da reflusso esofageo.

La gravità della malattia viene valutata tramite il sistema di punteggio di Johnson-DeMeester che prevede 4 livelli di gravità che vanno dal livello 0 caratterizzato dall’assenza di sintomi al Livello 3, il più grave, che presenta frequenti fenomeni di risalita che condizionano la quotidianità del paziente.

LA CURA DELL’ERNIA IATALE

È possibile intervenire sull’ernia iatale modificando in primis la dieta (in particolare nei pazienti sovrappeso od obesi è importante la riduzione del peso e della circonferenza addominale) e lo stile di vita (ad esempio smettere di fumare può attenuare i sintomi da reflusso gastroesofageo) ma, qualora si fosse in presenza di casi gravi, è possibile ricorrere alla chirurgia, che permette di riportare lo stomaco nella posizione corretta.

Per tenere sotto controllo e alleviare i sintomi ci sono degli accorgimenti che si possono prendere, come ad esempio consumare alimenti integrali e assumere almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno per favorire la motilità del tratto GI, aiutando a prevenire lo sviluppo della sintomatologia. Anche bere molto ed evitare pasti abbondanti può aiutare a gestire la sintomatologia.

Sarebbe da evitare invece, la posizione supina subito dopo i pasti ed è sconsigliata l’assunzione di alimenti e bevande come tè, caffè, pomodoro, latte, aglio cipolla e spezie come pepe e erbe aromatiche (in particolare menta, basilico, prezzemolo e origano), che potrebbero esacerbare i sintomi.

In caso di presenza di sintomi collegabili all’ernia iatale, è bene rivolgersi ad uno specialista,  che valuterà il singolo caso, provvedendo a consigliare gli esami diagnostici più consoni e la terapia adeguata.

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