Stress emotivo: quando è dannoso?

Stress

Gli stressor possono essere di vario tipo: p.e. malattie, traumi fisici o psichici, eventi ambientali avversi. In ogni caso si tratta di eventi che causano un elevato stress emotivo, a cui rispondiamo con una modifica del nostro funzionamento; “emotivo” qui è inteso nel senso latino di “emovere”, cioè scuotere, smuovere. Facciamo un esempio. 

Torniamo per un attimo alla savana, là dove dovevamo cacciare o essere cacciati. Perché ritorniamo alla savana? Perché i meccanismi di modifica che mettiamo in atto sono sempre quelli, sin dalla nostra origine, e sono volti alla nostra sopravvivenza.

Non sono modifiche che avvengono coscientemente perché sono immediate, per consentirci la sopravvivenza. La coscienza della situazione arriva dopo che tutto si è attivato. Se devo scappare da un leone, devo essere pronto a correre subito, non posso prendere coscienza del pericolo e poi attivare la modifica corporea che mi consente di correre al meglio perché, nel frattempo, il leone mi ha già raggiunto!

 La coscienza del pericolo poi mi aiuterà a decidere dove e come scappare o nascondermi. La coscienza del pericolo è capire coscientemente cosa sta succedendo nel mondo esterno a me e anche nel mio mondo interno perché tutte le sensazioni che vengono dal mio corpo mi dicono che ho paura e sto all’erta per reagire.

La risposta del nostro organismo allo stress emotivo

 Quali sono i parametri nel nostro corpo che cambiavano se incontravo un leone e che cambiano anche oggi in seguito ad un accumulo di stress emotivo? Aumentano frequenza e gittata cardiaca, cambia il ritmo respiratorio, il sangue va di preferenza ai muscoli perché serve correre.

Aumenta anche la pressione del sangue, c’è ritenzione di liquidi perché per correre si suda e li perdo, aumenta la coagulabilità del sangue perché mi potrei ferire, intestino e vescica si svuotano perché mi devo liberare di pesi inutili. Diminuiscono inoltre attività digestiva e ormoni sessuali, perché mangio e penso a riprodurmi quando sono tranquillo.

Infine diminuiscono l’ormone della crescita, la funzione immunitaria, l’insulina e la sensibilità all’insulina, cambia la risposta al dolore perché è probabile che mi faccia male e quindi è meglio soffrire di meno. Una volta superato il problema, (o siamo riusciti a cacciare o purtroppo ci hanno cacciato e preso e quindi il problema è superato per sempre…) torniamo allo stato di riposo e recuperiamo le energie: abbiamo vissuto un momento di stress emotivo acuto.

Questo se tutto funziona bene, ma oggi la vita è un po’ cambiata. Certo, il leone non lo dobbiamo più affrontare, ma non abbiamo più grandi periodi di riposo e gli eventi stressanti, anche se meno gravi, sono continui. Oltretutto, noi continuiamo a pensare ai problemi, a come risolverli, a vivere momenti di stress emotivo anche quando dovremmo liberare la mente e recuperare.

L’attivazione da stressor

Pensare a uno stressor già attiva le modifiche funzionali psicofisiche di cui abbiamo parlato. Tutto ciò ci porta da uno stato di benessere, in cui siamo capaci di affrontare e superare indenni il momentaneo stato di stress acuto, a uno stato di malattia, in cui i questi meccanismi ancestrali della savana continuano a ripetersi e diventano il nostro stato abituale, modificando in maniera dannosa la nostra mente e il nostro corpo: siamo ora in uno stato di stress emotivo cronico. Quindi, ricapitolando:

  • l’attivazione da stressor è una modifica nella funzione neuropsicofisica ed è una reazione benefica di sopravvivenza.
  • la nostra specie ha delle reazioni standard di modifica delle funzioni neuropsicofisiche da stress.
  • all’interno della specie, ogni individuo ha peculiarità genetiche ed epigenetiche che caratterizzano la sua risposta allo stressor.
  • ogni individuo tende, col tempo, a produrre risposte simili anche a stressor diversi, ad alzare di livello l’entità della risposta, indipendentemente da qualità ed entità degli eventi stressanti, e a mantenere queste risposte a valori elevati di modifica neuropsicofisiologica anche se lo stressor non è più presente.

Le tre fasi della “sindrome di adattamento generale”

Già nel 1935, Hans Selye codificò queste risposte agli stressor definendo la “sindrome di adattamento generale” in cui si descrivono tre fasi. La prima fase è la fase di allarme, in cui ci sono attivazione e reazione valide all’evento stressante e poi recupero delle energie. La seconda fase è la fase di resistenza, in cui c’è difficoltà a reagire e poi a recuperare l’energia.

 La terza e ultima fase è la fase di esaurimento, in cui non abbiamo più capacità di reazione e recupero. Quindi, nella sindrome generale di adattamento passiamo progressivamente da un’attivazione fisiologica normale ad una attivazione disfunzionale. Questo passaggio è totalmente inconsapevole, stabile, autoriproducentesi, determinato geneticamente ed epigeneticamente. Tuttavia risulta essere modificabile tramite l’apprendimento perché esiste sempre una permanente plasticità neurale, cioè la capacità di creare nuove comunicazioni (sinapsi) tra neuroni.

Stress emotivo: come intervenire e a chi rivolgersi

Lo stress cronico può essere curato attraverso l’aiuto di uno specialista come uno psicologo o uno psichiatra.  Attraverso il lavoro psicoterapeutico verranno prima di tutto individuate le cause – i cossiddetti stressor – che determinano lo stato di stress eccessivo per poter, successivamente, intervenire su di esse e risolverle. Oltre al lavoro di interpretazione e presa di consapevolezza,  in questi casi si dimostra particolarmente utile l’insegnamento e quindi l’esecuzione di tecniche di rilassamento e/o di meditazione.

Le cause dello stress possono riguardare le diverse sfere della vita di un individuo, da quella familiare a quella lavorativa ed è fondamentale considerare tutti questi aspetti durante la fase di analisi e di individuazione degli eventi che hanno portato allo stato di malessere attuale, tenendo in considerazione i punti di forza e punti di debolezza del paziente al fine di intervenire nella maniera più adeguata in base alla specificità del caso.

 

A cura di Dott.ssa Elena Stella

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